Le Ducati non sono confrontabili con le moto giapponesi: sono due razze diverse, due universi paralleli.
Potrebbe sembrare un'affermazione lapidaria e di parte, se non fosse avallata dalla devota passione di fitte schiere di Ducatisti da ogni parte del globo.

Principio

Cominciamo con l'origine: le moto di Borgo Panigale nascono, fin dall'inizio, come strumenti di vittoria, armi votate al dominio nelle competizioni senza compromessi, avviate poi alla produzione di serie. Al contrario i mezzi giapponesi nascono come "mezzi di trasporto": logica razionale, economia e produzione in massa sono sempre state le parole d'ordine delle case nipponiche.

Fatta questa doverosa premessa passiamo a deliziarci con le caratteristiche che rendono uniche le Ducati.

 

Il Motore

Il cuore innanzitutto: è il motore che da vita alla moto, e insieme ne definisce il carattere, l'indole, la propensione a un certo tipo di condotta. Non dobbiamo per forza vedere la moto come insieme razionale di componenti meccanici freddi e senza vita: chi ha il coraggio di negare l’esistenza di un preciso carattere, un sentimento della propria cavalcatura? Il cuore delle Ducati è sempre un bicilindrico a L longitudinale, sempre quattro tempi e, attenzione, sempre a distribuzione Desmodromica.

Quale casa motociclistica può vantare una così forte e costante tipizzazione tecnica, derivata sterttamente dalle corse?

Chi altro osa, nel panorama mondiale (pure tecnicamente evolutissimo), montare su veicoli di serie un perfetto comando distribuzione desmodromico?

Queste unicità potrebbero già essere sufficienti a distinguere drasticamente e definitivamente le rosse di Borgo Panigale da ogni moto prodotta nel paese del Sol levante.
Vi starete chiedendo: come si traducono in pratica?
Cosa può percepire l'utente "normale" - sempre che questa sia una definizione applicabile ad un motociclista? Oppure i Ducatisti sono tutti dei tecnici per poter apprezzare queste finezze?
La risposta è molto semplice: è il carattere, ovvero la coppia fornita e la sua erogazione, a fare la differenza.
Grazie alla sua architettura, al comando desmodromico delle valvole che permette diagrammi di distribuzione spintissimi e spreca meno potenza, alla consolidata e super-affinata iniezione elettronica, il Pompone ha un carattere unico, a tutti i regimi di rotazione.

 

Universi Paralleli

Le Ducati non sono confrontabili con le moto giapponesi: sono due razze diverse, due universi paralleli.

Potrebbe sembrare un'affermazione lapidaria e di parte, se non fosse avallata dalla devota passione di fitte schiere di Ducatisti da ogni parte del globo.

Cominciamo con l'origine: le moto di Borgo Panigale nascono, fin dall'inizio, come strumenti di vittoria, armi votate al dominio nelle competizioni senza compromessi, avviate poi alla produzione di serie. Al contrario i mezzi giapponesi nascono come "mezzi di trasporto": logica razionale, economia e produzione in massa sono sempre state le parole d'ordine delle case nipponiche.

Fatta questa doverosa premessa passiamo a deliziarci con le caratteristiche che rendono uniche le Ducati.

Il cuore innanzitutto: è il motore che da vita alla moto, e insieme ne definisce il carattere, l'indole, la propensione a un certo tipo di condotta. Non dobbiamo per forza vedere la moto come insieme razionale di componenti meccanici freddi e senza vita: chi ha il coraggio di negare l’esistenza di un preciso carattere, un sentimento della propria cavalcatura? Il cuore delle Ducati è sempre un bicilindrico a L longitudinale, sempre quattro tempi e, attenzione, sempre a distribuzione Desmodromica.

Quale casa motociclistica può vantare una così forte e costante tipizzazione tecnica, derivata sterttamente dalle corse?

Chi altro osa, nel panorama mondiale (pure tecnicamente evolutissimo), montare su veicoli di serie un perfetto comando distribuzione desmodromico?

Queste unicità potrebbero già essere sufficienti a distinguere drasticamente e definitivamente le rosse di Borgo Panigale da ogni moto prodotta nel paese del Sol levante.
Vi starete chiedendo: come si traducono in pratica?
Cosa può percepire l'utente "normale" - sempre che questa sia una definizione applicabile ad un motociclista? Oppure i Ducatisti sono tutti dei tecnici per poter apprezzare queste finezze?
La risposta è molto semplice: è il carattere, ovvero la coppia fornita e la sua erogazione, a fare la differenza.
Grazie alla sua architettura, al comando desmodromico delle valvole che permette diagrammi di distribuzione spintissimi e spreca meno potenza, alla consolidata e super-affinata iniezione elettronica, il Pompone ha un carattere unico, a tutti i regimi di rotazione.

Coppia e Potenza sono le due grandezze fisiche che ben rappresentano le prestazioni di un motore; sono espresse rispettivamente in Nm e kW ed il loro svolgersi al variare dei giri del motore viene graficato nelle tipiche curve carattersitiche.

La coppia motrice è la capacità del motore di tirare, di accelerare la moto e il suo pilota proiettandoli dentro la curva successiva: in pratica la misura di quanto la ruota posteriore riesce a spingere sull’asfalto.

Anche le moto giapponesi hanno buoni valori di coppia come valori massimi, anche confrontabili con le nostre, MA quello che conta è la forma della curva della coppia, non solo il suo valore assoluto.

Infatti la coppia disponibile ai bassi regimi di rotazione è molto, molto più preziosa: è proprio questo il vantaggio dei nostri generosi Pomponi, la sostanziosa coppia a tutti i regimi. Si ha così una guida davvero proficua e redditizia, come dimostrano le infinite vittorie in Superbike.
Che razza di condotta dovrei adottare per sfruttare un motore che dà una coppia valida solo a 8000 giri/min? Che abisso lo separa da un bicilidrico Ducati che a 3500 sforna già l’85% della coppia massima?

Fin qui considerazioni volendo legate alla differenza tra un qualsiasi motore due e quattro cilindri. In effetti i giapponesi iniziarono qualche anno fa con i bicilindrici a V longitudinale, guarda caso a V di 90°: in pratica copie del nostro Pompone...architetture completamente avulse dalla loro tradizione motoristica, quindi evidentemente importate.

Ciò nonostante le differenze con Ducati restano, anche a livello di motore; per coglierle dimentichiamo le classiche curve caratteristiche e pensiamo invece a una cosetta che non è rappresentabile da quei diagrammi; è quello che succede quando apriamo la manetta del gas: la reazione della moto a questo gesto -squisitamente motociclistico- è classificabile come erogazione.

Non è del tutto esatto pensare alla coppia quando si sente, all’apertura del gas, un "gran tiro" e la moto ti strappa via dal manubrio: la coppia in realtà non è percepibile così facilmente.

Considerando un qualsiasi motore, viaggiando ad andatura costante (per esempio a 4000 giri/minuto e 90 km/h in quarta) non si avverte alcun "tiro" particolare, invece la coppia viene erogata, eccome (vedere sulla curva di coppia...).
Altro esempio: perchè, con il motore in progressione a tutto gas, sentiamo ancora il famoso "tiro", anche dopo il massimo della curva di coppia, quando sta calando?

L'erogazione non è usualmente rappresentata sui diagrammi, ma riassume qualitativamente vari aspetti tecnici del motore (andamento della coppia al variare del carico, grado di irregolarità, ecc) per descrivere la reazione, il tiro del motore. E soprattutto è molto percettibile.
Bene, in quanto a erogazione, i motori Ducati sono al vertice in tutte le cilindrate: da 600 a 1000cc abbiamo una corposa risposta ad ogni apertura del gas.
Quello che succede all'apertura del gas, indipendentemente dal numero di giri, dalla velocità della moto o dalla marcia inserita è veramente lo spirito del pompone che si manifesta ed elettrizza il fortunato centauro. E' ovvio che la stessa generosità è la caratteristica vincente delle moto che dominano il Mondiale Superbike da più di 10 anni...dunque nessun trucco e nessun inganno: i nostri motori sono tutti sincerità ed energia!

Altro punto di forza indiscutibile del pompone bolognese è la melodia che produce.
Già, melodia, non rumore: le Ducati non fanno rumore, ma producono una armoniosa melodia: i cupi bassi emessi dagli scarichi si combinano con gioia al tintinnio della distribuzione e al grido dell’aspirazione. Nei modelli più sportivi poi questo concerto è completato dal caratteristico suono della frizione a secco, vera melodia per gli intenditori...

Che dire del canto del Pompone? E’ lui che fa voltare tutti ai bordi della strada, è lui che ci annuncia con enfasi...sentiamolo dalle parole di un Ducatista:
"...avete mai apprezzato l'evoluzione del rumore allo scarico lungo la curva di erogazione? Quando spalanco il gas il motore urla.
La scatola filtro fa da cassa di risonanza amplificando il cupo rumore del vorace bicilindrico assetato di miscela. Il condotto di aspirazione è finalmente libero da elementi limitatori ed il risucchio si traduce in un rombo sordo, forse più accattivante di quello allo scarico.
Il motore sale di giri, nell'intervallo 5000-5500, il grido desmodromico si fa davvero rauco e brutale.
La cattiveria che si sprigiona nella fase di aspirazione è udita prevalentemente da chi ci precede, essendo i due cornetti di aspirazione rivolti in avanti. In più di un'occasione ho visto persone voltarsi spaventate dall’aggressività del motore in rombante progressione... "

Addirittura le soste ai semafori diventano occasioni per gustare le melodiose note dei vari organi pulsanti in movimento:
"...il tintinnio di quell'organo in movimento (la frizione a secco) è musica per le mie orecchie. Il massimo della melodia, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, lo si ottiene a gas nullo, quando il minimo è sottile ed il motore sembra spegnersi da un momento all'altro...in questi istanti, quando il minimo è altalenante, la frizione suona come non mai e le soste ai semafori non sono poi così lunghe e noiose..."

Thank's to Ducati.com